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Screening

Gli screening sono esami condotti a tappeto su una fascia più o meno ampia di popolazione volti ad individuare una malattia prima che si manifesti con sintomi.

La parola screening è uno dei termini che l’uso comune ha più distorto, in realtà in medicina indica un insieme di attività organizzate, rivolte a un’ampia quota della popolazione, per individuare precocemente la presenza di malattia in persone che non ne presentano ancora i sintomi.

Identificare la patologia in una fase precoce permette possibilità di trattamento e guarigione (o comunque controllo) più alte.

Per questo motivo, sia gli screening, sia le malattie da individuare e gli esami utilizzati, devono corrispondere a precise caratteristiche.

Quando lo screening è possibile

 La malattia da individuare con lo screening deve essere curabile o, comunque, il suo decorso deve poter essere alterato grazie alla diagnosi precoce. Per una persona non c’è alcuna utilità nel ricevere una diagnosi anticipata della malattia se non si è in grado di migliorarne il decorso. Per questo gli screening condotti in Italia sono basati su solide prove scientifiche di efficacia e sono organizzati in “programmi di screening”

I programmi di screening devono essere sostenibili e, quindi, impiegano oculatamente le risorse disponibili. Gli screening condotti come attività di sanità pubblica sono strumenti efficaci per ridurre le disuguaglianze di salute tra diversi gruppi sociali. 

Gli esami di screening devono utilizzare esami:

  • sicuri: la maggior parte delle persone che si sottopongono ai test di screening è sana, perciò è fondamentale che gli esami abbiano il più basso livello possibile di effetti collaterali e rischi

  • accettabili: è difficile che una persona che ritiene di essere sana si sottoponga a esami fastidiosi o complessi; all’interno degli screening è, dunque, necessario scegliere test che siano quanto più accettabili per i cittadini

  • attendibili: che la gran parte delle persone che si sottopone agli screening risulti perfettamente in salute non significa che gli screening possano utilizzare esami di “serie B”. Essi devono, anzi, permettere di identificare le persone malate con la maggiore precisione possibile ma, rivolgendosi a persone quasi certamente sane, soprattutto non devono diagnosticare erroneamente una malattia in chi non ne è affetto.

 Per rispettare questi principi, i programmi di screening:   

  • si rivolgono alle persone a maggior rischio di sviluppare una determinata patologia. Sia dal punto di vista economico generale sia in termini di costi personali, non è sostenibile, sottoporre a screening le persone con possibilità bassissime di sviluppare una patologia.

  • sono effettuati a intervalli regolari. Perché una malattia possa essere diagnosticata in modo precoce è fondamentale che gli screening siano riproposti per tutto l’arco di tempo in cui la malattia ha maggiori probabilità di svilupparsi e un eventuale intervento terapeutico dia effettivi vantaggi in termini di guadagno di tempo e/o di qualità di vita.

  • sono articolati in più livelli. I test impiegati negli screening hanno caratteristiche tali che una eventuale positività all’esame non equivale a una diagnosi certa di malattia. Per questo, in caso di positività, tutti gli screening prevedono specifici esami di approfondimento che diano una diagnosi definitiva. Inoltre, in caso di ulteriore conferma, prevedono un preciso iter terapeutico che garantisca omogeneità di trattamento a tutti i cittadini.

  • rispettano le prove scientifiche. Tutti i passaggi all’interno degli screening sono effettuati secondo le indicazioni della ricerca scientifica, in base alla quale si determinano: la popolazione su cui eseguire gli esami, gli esami da effettuare e gli iter terapeutici in caso di positivitàl’intervallo tra due round successivi di screening.

Per approfondire consulta il sito dell'Osservatorio nazionale screening.